"Le Brave Ragazze"

“Le Brave Ragazze”, commedia scritta da Federico Marvasi e diretta dall'attore siciliano Salvatore Urzì al suo debutto come regista, si mostra frizzante e al contempo ricca di spunti di riflessione, con un buon accompagnamento musicale ed un colpo di scena finale. Nella costruzione della commedia regista ed attrici, hanno sperimentato un metodo di lavoro che ha sempre puntato sulla spontaneità. La Compagnia costituita per questo progetto, nasce da amici conosciuti sul palco in precedenti esperienze, ovviamente tutti accomunati dalla passione per il teatro. Le attrici hanno scelto il loro personaggio seguendo le proprie inclinazioni ed il proprio modo di essere. In scena Alice Capozza, Eleonora Cappelletti, Stefania Loli, Sara Massucco ed Elisa Missaggia.
In ciascuna donna convivono tante donne con voci differenti. Di fronte ad un evento importante, queste voci sono portatrici di emozioni contrastanti. Cosa succederebbe se questi sentimenti prendessero forma e vita in 5 donne diverse, e commentassero tappe della vita come l’amore, l’odio, la maternità e la morte?
“Le brave ragazze” oltre a raccontare la storia di 5 amiche, porta sulla scena un’allegoria dell’esistenza, ed in particolare dell’universo femminile con le sue tante sfaccettature.
Sono voci che talvolta vanno all’unisono, ma spesso anche in conflitto con note stridenti, per poi riappacificarsi.
Una corsa continua verso il tanto agognato equilibrio, che non può che essere un “equilibrio precario”.
Quando finisce un amore, una parte di noi muore con esso; spesso ci si colpevolizza sfogando il dolore in rabbia, poi, per non soffrire più, indossiamo una corazza che ci tiene lontani dagli altri, ma in fondo al cuore, sentiamo ancora quello spiraglio di speranza che vuole dare vita al futuro.
Come le stagioni si succedono anno dopo anno, così la vita riprende il suo ciclo di “vita-morte-vita”.
Perchè le donne, per loro natura, sanno che la vita consiste in un continuo mutare per rigenerarsi; la vita è come la terra: è necessario un tempo per ararla, uno per farla riposare, un tempo per la semina ed uno per raccoglierne i frutti.
Lo spettacolo offre diversi livelli di interpretazione, e conseguentemente, molti spunti di riflessione. Nelle chiacchierate di queste amiche serpeggiano le inquietudini di questa generazione di giovani che fanno fatica ad accettare di diventare adulti. Dietro il cinismo e l’ironia si cela la frustrazione di chi vive a metà: fra l’interpretazione di uno stereotipo ed il desiderio di essere se stessi.
Si parla di amicizia, nei suoi aspetti postivi di complicità e di affetto, ma anche dei suoi lati negativi, quando questa diventa cioè un pretesto per mettere in scena il ruolo che ci siamo scelti di interpretare. Nessun ruolo è reale senza un pubblico, e quando le persone tentano di ermare il tempo, per non fare i conti con le proprie responsabilità, stanno bene attente a non rompere la loro illusione collettiva. Perchè nessuno vuole buttare giù la maschera per primo. Oggigiorno, è sempre più consueto pensare che una bugia condivisa possa assumere valore di “verità”.
Ma spesso alla pigrizia di iniziativa, sopperiscono gli eventi fortuiti della vita nel loro incedere inesorabile, e ciò che si voleva tener stretto svanisce e si è costretti a rimboccarsi le maniche.
La freschezza del testo, i temi trattati e la scelta registica di ricreare un vero ritrovo fra amiche in un salotto, portano gli spettatori ad immedesimarsi e a riconoscersi nelle vicende che vi si svolgono dinanzi.

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